Le riflessioni e la vicenda professionale di Caiazzo come designer e consulente del colore hanno potuto beneficiare dall’incontro con tre maestri eccellenti. Il primo è
Alessandro Mendini, nel cui atelier milanese Caiazzo lavora durante gli anni Novanta e i primi Duemila: “uno dei pochi studi dove si poteva parlare di colore”, in un’epoca di design dominato da bianco, nero e grigio metallizzato. Mendini, racconta Caiazzo, aveva un approccio al colore “da artista: istintivo, ma accompagnato da grandi cultura e consapevolezza”.
La folgorazione sulle piene potenzialità del colore poi arriva grazie a un libro,
Color, Environment, and Human Response del grande progettista tedesco Frank H. Mahnke, e alla successiva corrispondenza e conoscenza con il suo autore. Lo studio sistematico e la professionalizzazione delle competenze di color consultant, infine, portano Caiazzo a conoscere il prof. Narciso Silvestrini, teorico del colore, che “attraverso la speculazione filosofica perveniva a conclusioni assolutamente in linea con quelle di IACC International”.
Tra gli insegnamenti fondamentali che conserva a distanza di anni, Caiazzo ricorda l’importanza dell’equilibrio: “per essere sereni, gli ambienti devono essere cangianti e rispettare i principi dell’ergonomia del colore, ossia considerare l’ambiente sulla base delle funzioni che vi vengono svolte. Gli stessi colori non possono essere indifferentemente adatti a una scuola, a un ospedale e a un ambiente privato”. Un principio in accordo con i più recenti frutti della ricerca scientifica sul rapporto tra
luce e benessere e sui
ritmi circadiani, tanto
in casa quanto
nei luoghi di lavoro.